AREZZO 1943

AREZZO 1943

AREZZO 1943


Il 16 luglio 1944, all’approssimarsi delle truppe “alleate”, le formazioni partigiane operanti nelle montagne vicine al capoluogo liberano la città dall’occupazione militare tedesca e dalla dipendenza dalla Repubblica sociale italiana guidata da Mussolini, ponendo così fine alla guerra nel capoluogo.

Al secondo conflitto mondiale, sanguinoso epilogo del ventennio fascista, Arezzo paga un elevato tributo in termini di vite umane e di distruzioni materiali, provocate dai ripetuti bombardamenti degli aerei alleati, dal passaggio del fronte, dalle stragi e dalle rappresaglie compiute dall’esercito germanico in ritirata.

Sotto il profilo civile, la fine della guerra sanziona l’affermazione dei valori democratici e sociali dell’antifascismo che sono alla base della nostra carta costituzionale e per Arezzo segna l’inizio di una difficile ricostruzione, con l’insediamento della Giunta comunale guidata dal sindaco Antonio Curina. Per la Giostra, si pongono le premesse per la ripresa nel 1948 di una tradizione rimasta bruscamente interrotta con l’entrata in guerra dell’Italia.

Per il contributo dato alla Resistenza con l’attività partigiana (3.500 effettivi) ed il sacrificio della propria popolazione (3.110 caduti), la Provincia di Arezzo verrà insignita della medaglia d’oro al valor militare, conferita nel 1984 dal presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Arezzo fu tra le province più colpite dalla guerra nell’intera regione Toscana e la città stessa subì dodici incursioni aeree e le abitazioni rimaste in piedi erano talvolta pericolanti, malsicure. Gli altri comuni della provincia furono anch’essi fortemente colpiti: Subbiano, Castelfocognano, Pratovecchio, Stia, Sansepolcro, Levane. La campagna si era sovrappopolata, disastrosa appariva la situazione alimentare e dei trasporti nonché quella economica.

La lotta di Liberazione in Casentino

Il Casentino divenne luogo di lotta antifascista e qui si formarono gruppi di clandestini. A Poppi e a Stia gente comune formò Comitati di azione antifascista; esempio ne fu proprio Poppi, dove nella caserma dei carabinieri del paese, nel settembre del 1943, il maresciallo dei carabinieri e altre due persone diedero inizio alla lotta nazifascista.

A Poppi c’era anche un campo di concentramento dove erano tenuti prigionieri dei greci.

Cercavamo in tutti i modi di trovare armi, munizioni o altro materiale che fosse utile alla lotta e alla sopravvivenza.

In tutto il Casentino era radicata una forte tradizione antifascista che era avvalorata dalla posizione strategica del luogo e per questo fu interessato dagli eventi bellici più di altri luoghi della provincia. Fummo in molti a prendere parte alla lotta partigiana qui a Bibbiena.

Dopo l’annuncio di Badoglio dell’Armistizio alla radio, in tutto il Casentino iniziarono a circolare volantini dove era riportato il discorso del comandante3. Quelle parole gettarono inquietudine nella popolazione.

È da Poppi che le azioni si allargarono negli altri comuni del Casentino, a Bibbiena, a Strada e nel basso Casentino come a Subbiano.


/ 5
Grazie per aver votato!