LA STRAGE DEL MARTINETTO

LA STRAGE DEL MARTINETTO

LA STRAGE DEL MARTINETTO


“Qui caddero fucilati dai fascisti i martiri della Resistenza Piemontese. La loro morte salvò la vita e l’onore d’Italia. 1943-1945“.Questa è la frase di commemorazione che ancora oggi possiamo osservare al poligono di tiro del Martinetto dove le milizie della Repubblica Sociale italiana eseguivano le sommarie sentenze emesse dal tribunale speciale di Torino.La targa è situata vicino al muro delle esecuzioni in quel resta del complesso situato tra Corso Svizzera, via Giovanni Battista Gardoncini e corso Appio Claudio di cui oggi ricordiamo una delle più pesanti stragi commesse in quei giorni di guerra.Dopo l’ armistizio dell’ 8 Settembre 1943 la situazione nel paese è più che mai drammatica: il Re e il governo si rifugiano al sud, l’ esercito è senza una guida e sparso in tutti i più disparati teatri di guerra, dall’ Africa alla Russia, dai Balcani alla Francia occupata.Dopo la decisione presa dal governo Badoglio di arrendersi agli anglo-americani i nostri soldati si trovano al fianco dei loro ex alleati (in cerca di vendetta) e completamento allo sbando.Inoltre la penisola pochi giorni l’ annuncio radiofonico viene invasa dalle truppe germaniche che occupano il paese fino a quella che verrà chiamata la linea Gustav.

I tedeschi liberano Mussolini che al nord proclama la Repubblica Sociale italiana, uno stato “fantoccio”, che in pratica non ha nessun potere decisionale ma che avvia una forte repressione nei confronti di tutti colori che si schierano con le opposizioni (armate) che vogliono la liberazione completa del paese.Anche il Piemonte, nella fattispecie Torino, è in fermento con molte attività anti-governative: in città ci sono molte fabbriche (dal capoluogo piemontese partirà il più grande sciopero contro il fascismo indetto nel 1943) e tra gli operai della FIAT è facile trovare oppositori ai fascisti.I comitati di liberazione nazionali si organizzano anche nella nostra regione e danno vita al Comitato Regionale Militare Piemontese (CRMP).La mattina del 31 Marzo 1944, al Duomo, vengono arrestati 8 dei componenti del comitato: Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti.Gli oppositori vengono subito trasportati “alle nuove” (in quei giorni prigione politica per i dissenti), e dopo pochi giorni avviati a processo.Il 2 Aprile inizia la farsa e il 3 Aprile viene emesse la condanna: fucilazione.

I prigionieri vengono condotti all’ alba del 5 Aprile presso il poligono di tiro del Martinetto e, dopo aver eseguito il macabro rituale, ovvero legare i prigionieri su delle sedie con le spalle rivolte agli esecutori, e la consueta benedizione la sentenza viene eseguita.

61 partigiani persero la vita in quei mesi di occupazione nazi-fascista e, anche davanti al boia, non mancarono episodi di grande coraggio e attaccamento alla patria: è il caso degli 8 uomini caduti nella retata del 31 Marzo che, anche davanti ai loro esecutori, in un ultimo e disperato atto di coraggio urlarono uniti e compatti “Viva l’ Italia libera”.

Oggi, di quel teatro di morte, resta poco poiché dell’ area ceduta al comune nel 1883 all’ associazione nazionale del tiro a segno, in cui fu edificato il poligono di tiro, non resta segno dopo il definitivo smantellamento avvenuto nel 1951.

Il muro delle esecuzioni (dove si possono ancora notare i buchi delle pallottole) e il giardino commemorativo hanno preso il posto della vecchia struttura ed oggi sono luogo di interesse nazionale in onore delle vittime di quei mesi di lotta.

Ogni anno, il 5 Aprile, avviene una cerimonia in ricordo delle stragi e alcuni nomi dei caduti di quel giorno campeggiano oggi per le vie della nostra città: via Braccini, via Perotti (a Nichelino), largo Giachino, via Montano, via Biglieri, via Bevilacqua (Borgaretto), corso Giambone; oggi anonime intitolazioni a delle vie, ieri grandi eroi.


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